Variazioni su un tema armeno di Oscar Bellomo

Quando nell’autunno dello scorso anno lessi i Silencios di Oscar Bellomo pubblicati da GuitART rimasi sorpreso dalla capacità del chitarrista-compositore (classe 1980) di descrivere con pochi tratti nitidi concetti musicali.

Quando pochi mesi fa, in Primavera, ho avuto il piacere di leggere in anteprima i suoi nuovi Trois Préludes Visionnaires compresi che l’intuizione avuta con i Silencios era più che fondata.

Pochi giorni fa il compositore mi ha sottoposto un suo nuovo lavoro ancora inedito che non ho alcun dubbio a definire il migliore dei tre finora letti. Si tratta di una serie di dieci Variazioni per chitarra sola su un tema armeno. La prova del nove di cui ho parlato qui circa la forma delle Variazioni è superata in maniera egregia da Bellomo che dà ulteriore dimostrazione di una conoscenza profonda dello strumento sia dal punto di vista del colore che del risultato sonoro. Per quanto l’autore non perda mai di vista l’elemento teorico del comporre è facile vedere come il lato idiomatico nella scrittura abbia un ruolo altrettanto determinante.

Il tema è lineare nella tonalità di impianto di mi minore con un struttura semplice in due parti la cui seconda è ripetuta per due volte (A-B-B). Si tratta di una melodia popolare, un canto alla luna che fa parte della tradizione folcloristica armena. 

La I variazione è un bicinium quasi interamente costruito sulle singole cellule del tema e sui loro rapporti intervallari; l’interprete ha ampi spazi di movimento suggeriti anche dall’indicazione “Andante rubato”. La II variazione invece inizia ex-abrupto con un Vivace e con accordi a sei note che marcano a fuoco l’andamento di una pagina che ha caratteristiche di una piccola toccata. Una nota tecnica: l’autore, indica l’esecuzione arpeggiata dei primi accordi e non ripete l’indicazione nei successivi. Per quando mi riguarda opterò per l’esecuzione plaqué, tecnicamente forse più complicata ma migliore nella definizione del carattere.

Le Variazioni III e IV riportano all’origine e qui l’autore dà prova di grande fantasia nel trattare il materiale a disposizione e a svilupparlo abilmente in nuovi concetti. L’ambiente musicale è nelle due pagine sostanzialmente lo stesso, cambiano le modalità di accostamento delle parti accordali al procedere della linea melodica. Il meccanismo armonico adoperato è estremamente efficace e pur rilevando facilmente la leggiadria delle due invenzioni è palese un substrato drammatico, quasi scuro.

La quinta variazione è essenziale nella scrittura e riprende il disegno a due voci con interventi accordali non più determinanti. La semplice trama (un vero e proprio dialogo, considerata la distanza dei registri) a mio parere potrebbe essere sfruttata dall’interprete in modo diverso rispetto alla Variazione I, strutturalmente molto simile: se nella prima Variazione funziona molto bene un’esposizione meno libera, qui, nella quinta, il Moderato cantabile indicato potrebbe fungere da spartiacque tra il primo gruppo (I – IV) e il secondo gruppo (VI – X) di variazioni. Molto è naturalmente legato alla capacità dell’interprete di leggere dietro le note cercando una vera e propria rarefazione del suono, rispetto alle due variazioni precedenti.

Nello scherzo della VI Variazione – posizionato molto intelligentemente nella sequenza – i ghirigori sul registro medio e acuto che sembrano voler spiccare il volo, sono invece ben fissati all’impianto ritmico da tricordi puntati. Anche qui, come nella Variazione II l’autore indica il puntato solo nei primi due probabilmente dando per scontato l’uso della stessa tecnica in ogni intervento simile. In uno spazio molto ristretto la musica descrive chiaramente un brevissimo sviluppo e una disgregazione che prelude alle due Variazioni che seguono.
Appunto personale: le variazioni II, IV e VI per costruzione e risultato finale sono quelle che mi hanno colpito di più e che hanno avuto un ruolo determinante nella sorte di questa pagina, per quel che mi riguarda.

Le Variazioni VII e VIII (Andantino con grazia e Andante nostalgico) sembrano voler raffigurare un’atmosfera di abbandono e di osservazione propria del tema. Ed anche la tessitura polifonica a due voci – seppur diversificata nelle due variazioni – riporta sempre ad un colloquio privo di silenzi, anch’esso elemento facilmente identificabile nel tema.
L’autore dà spazio ad una vena melodica di cui avevo già apprezzato le ottime caratteristiche nei Silencios.

Chiude la composizione un infuocato Prestissimo costruito su una figurazione monotona, la cui breve ma intensa corsa sfocia in un arabesco marziale la cui pulsazione è affidata a dense scritture accordali impreziosite da rapidi agglomerati di note.

Ten Variations on an Armenian Theme – questo il titolo dell’opera – è un’ottima composizione per chitarra. In una scrittura cristallina nell’esposizione e solidissima nelle invenzioni, racchiude una considerevole quantità di combinazioni interpretative. Ed è proprio questa caratteristica ad avermi convinto ad inserirla nel progetto discografico Novecento Guitar Variations di cui inizierò ad occuparmi nel 2019.

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